LA SCUOLA PER TUTTI
Lo scoppio della Rivoluzione
Francese nel 1789 portò a delle conseguenze sul piano sociale, poiché con essa
finì l'antico regime. In questo periodo (1792-1794)
venne animata una grandissima discussione riguardo le possibili riforme
scolastiche. Ad alimentare questo dibattito furono gli ideologues e i
philosophes, gli intellettuali (come Condorcet, Sicard e Cabanis). Al tempo del governo di
Robespierre e dei giacobini (coloro che appartenevano a un'associazione politica estremista di orientamento repubblicano), furono sanciti i diritti inalienabili
dell'infanzia; al contempo prese corpo l'idea di un'educazione popolare anche
in Francia, seguendo l'esempio dei governi illuminati russi, precursori di
questa proposta. Con la rivoluzione francese venne
indotta una nuova visione dello Stato e del cittadino: l'uomo diventa portatore
di diritto, non solo di dovere come di pensava in precedenza. Il primo diritto
era quello dell'istruzione, che poteva garantire il progredimento sociale. Fu
secondo questo principio che la Convocazione Nazionale proclamò
l'obbligatorietà dell'istruzione, per tutti. Vennero create scuole in tutti i
comuni e vennero ampliate le possibilità di scelta degli indirizzi scolastici
superiori (ora vi erano scuole professionali, scientifiche ed umanistiche). In
questo contesto il bambino assunse un nuovo significato: egli diventa il
simbolo della purezza, dell'innocenza, della Rivoluzione stessa: è metafora
dell'uomo nuovo, della speranza per il futuro. Per quanto doveva essere
impartita un'educazione atta a forgiare gli individui del futuro.
LA RIVOLUZIONE E L'INFANZIA: DAL BAMBINO INNOCENTE AL FANCIULLO SOLDATO
Il bambino fu eletto a simbolo
della purezza, dell'innocenza, metafora dell'uomo nuovo e non corrotto dal
passato. Questa idealizzazione costituì un
elemento centrale della propaganda e dell'ideologia rivoluzionaria. Nei progetti educativi
rivoluzionari il lavoro manuale e la fatica fisica erano concepiti come mezzi
per fortificare la volontà, infondendo lo spirito di sacrificio, imponendo alla
gioventù esercizi fisici. Iniziarono ad esserci cambiamenti
anche nel modo di intendere l’assistenza all’infanzia abbandonata e agli
organi. Si riprese la pedagogia di
Pestalozzi con l’importanza del legame affettivo madre-figlio, composto da
amore ed un’educazione sana. L’educazione familiare poteva
garantire un’adeguata formazione morale. Nel 1972 si arrivò alla
promulgazione di una legge sull’adozione che però fu per tanto fermo ferma
poiché poche persone erano disposte ad adottare bambini non propri. Lo stato provvedeva agli orfani e
alle famiglie, nazionalizzando l’assistenza pubblica. Questa fratellanza laica garantiva
a tutti i bambini, con o senza famiglia, l’uguaglianza dei diritti. Il concetto
religioso di peccato così scompariva. L’infanzia, divenne nel biennio
giacobino modello di virtù morale e di coraggio militare. Il bambino nasce innocente. Sin da piccoli i bambini francesi
dovevano imparare a divenire cittadini-soldato. Il sistema sarebbe stato
improntato alla massima austerità e a un controllo continuo: obbiettivo quello
di formare un uomo nuovo.
NAPOLEONE E LA NASCITA DEL CONTROLLO STATALE SULLA SCUOLA
L'impero Napoleonico sembrò
chiudere e inizia a concentrarsi su un sistema scolastico laico e statale. Profondi cambiamenti avvengono
invece nell'istruzione secondaria, la vera novità fu il liceo che avrebbe
dovuto rappresentare la fucina della classe dirigente dell'impero. Gli studi
erano incentrati in lingue classiche e materie umanistiche ma c'erano anche le
scienze esatte. Ciò che distingueva veramente l'istruzione liceale era la sua
organizzazione: il liceo si ispirava ad un ex collegio gesuitico. La vita dei
liceali era composta da un rigoroso controllo, dovevano vivere anche
all'interno dell'istituto che seguissero programmi scolastici più rigidi. Un
luogo predisposto solo agli studenti migliori, prima di eseguire un’università.
Nel 1808 venne varata la legge che fondò l'università imperiale, composta da
tante accademie. L'intero sistema scolastico era affidato a un grand maître
residente a Parigi. Negli anni successivi, Bonaparte cercò di rendere ancora
più centralizzato e gerarchico il sistema scolastico imperiale, al fine di
renderne più semplice ed efficace il controllo. L'obiettivo era duplice: da un
lato, si trattava di controllare i responsabili e i contenuti
dell'insegnamento, al fine di essere sempre certi di ciò che i sudditi stanno
imparando; dall'altro, per garantire la sopravvivenza delle scuole pubbliche
era indispensabile circoscrivere quelle private, limitandone una volta per
tutte l'espansione. La legge del 1802 fu applicata anche nella Repubblica
italiana e nel Regno d'Italia. Questo Stato, con capitale Milano, legato alla
Francia, comprendeva la Lombardia, il Novarese, il Veneto, il Trentino, il
Friuli, l'Emilia-Romagna, le Marche. Per sovrintendere al funzionamento delle
scuole fu istituita la Direzione generale della pubblica istruzione, che si può
ritenere l'antenato del ministero della Pubblica Istruzione. L'obiettivo era
quello di dotare ogni comune di una scuola, a carico delle finanze municipali.
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