IL LAVORO
Negli ultimi due secoli, il lavoro, che svolge un ruolo di primo piano sia nella vita personale che in quella della collettività, è stato al centro di un imponente processo di razionalizzazione. Un primo aspetto della razionalizzazione del lavoro sta nel coordinare gli sforzi, infatti ogni prodotto che noi acquistiamo è il risultato dell’azione coordinata di molte persone che svolgono mansioni differenti ma connesse tra loro. Un secondo aspetto della razionalizzazione del lavoro e la semplificazione: il lavoro viene inserito in una struttura organizzativa più rigida e viene scomposto in operazioni più facile ed elementari, quindi le operazioni richiedono meno impegno e minori capacità di esecuzione. Terzo e ultimo aspetto della razionalizzazione consiste nello standardizzare e organizzare quindi: il medesimo compito può essere eseguito da un infinito numero di operai, ciascuno facilmente sostituibile da un altro e l’attività degli operai e il funzionamento di macchinari viene coordinato in maniera ottimale.
PROBLEMI CONNESSI ALLA RAZIONALIZZAZIONE DEL LAVORO
Il processo di razionalizzazione
del lavoro ha sollevato anche degli aspetti problematici. Karl Marx infatti
denunciò gli aspetti negativi e come la razionalizzazione divenne fonte di
disuguaglianza sociale, poiché contrapponeva la classe degli imprenditori ai
proletari. La razionalizzazione richiedeva l'impiego di personale poco qualificato,
quindi gli individui non erano considerati come persone, ma come una sorta di
ingranaggi che mandavano avanti la macchina. Marx aveva inoltre osservato come
l'operaio non era padrone del prodotto del proprio lavoro ma si sente
estraniato e allontanato da esso, vedendolo solo come un mezzo per procurarsi
da vivere, e questa condizione è definita come alienazione. L'alienazione è il
termine che indica il modo in cui l'operaio è espropriato del senso complessivo
del suo lavoro e dei prodotti della sua attività, ed indica non solo la
condizione del lavoro dell'operaio, ma anche la natura stessa della produzione
capitalistica. Essa in seguito si rivelò come un problema sociale molto
diffuso, non limitato soltanto al contesto dell'organizzazione del lavoro
industriale, infatti per la sociologia odierna l'alienazione è una condizione
di impotenza e isolamento. Dalla metà del XX secolo vennero introdotte alcune
novità, tra cui le macchine automatiche, che hanno causato l'automazione dei
processi di produzione, infatti alle macchine vengono affidati i compiti
ripetitivi ed esecutivi. L'automazione, oltre che alla fabbrica, si è estesa
dal settore industriale a quello dei servizi, eliminando molte funzioni di
manovalanza e portando alla nascita di nuove professioni altamente qualificate,
ma allo stesso tempo ha comportato un aumento della disoccupazione.
LA FAMIGLIA E LE DISTINZIONI DI GENERE
Il
processo di industrializzazione ha avuto un grandissimo impatto sulla struttura
e sull'organizzazione famigliare, infatti con l'industrializzazione, il
soggetto protagonista dell'attività economica è il singolo individuo e non più
la famiglia. Dopo la prima fase di assestamento furono soprattutto i maschi
adulti e i giovani di entrambi i sessi a lavorare in fabbrica, mentre i vecchi,
i bambini e le donne si dedicarono alle incombenze domestiche, a quelle
agricole e al lavoro a domicilio. Ciò ha portato ad una distinzione dei
compiti, dei ruoli e degli spazi per gli uomini e le donne all'interno della
famiglia. All'individualizzazione
dei ruoli in famiglia, corrisponde il progressivo diffondersi della famiglia
nucleare e il contrarsi della famiglia estesa e di quella multipla. Si attuò
una riorganizzazione degli spazi e dei ruoli, quindi nasce lo spazio domestico,
presidiato dalla donna e l'attività nell'industria, essendo particolarmente
pesante dal punto di vista fisico, riguardava principalmente gli uomini.
IL RUOLO DELLA DONNA
In questo
contesto si andò parallelamente a fondare l'idea del così detto doppio salario
dell'uomo: egli viene pagato non solo per il lavoro che svolge, ma anche in
funzione del fatto che doveva mantenere la famiglia. Questo ha ovviamente
causato un ulteriore scoraggiamento del ruolo della donna all'interno del
contesto lavorativo extradomestico. È dunque nelle società industrializzate che
si diffonde l'ideale della donna casalinga. All'inizio del '900 le donne furono
introdotte nel sistema di fabbriche, grazie alla catena di montaggio. Nel corso
del secolo di assistette al loro inserimento nel sistema bancario, di
assicurazioni, di sistemi pubblici, non concedendoli però le possibilità di
raggiungere cariche alte. Nacquero al contempo delle figure lavorative
considerate prettamente femminili come insegnanti, infermiere e assistenti
sociali. Questi sono ruoli legati pur sempre ad ambiti di cura o educazione,
seguendo lo stereotipo. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta del novecento
di vide un fortissimo incremento della presenza femminile nei contesti
lavorativi, pur rimanendo di importanza marginale. Per una emancipazione più
consistente si dovettero spettare ancora una decina d'anni, in cui la donna poté
intraprendere ruoli di amministrazione e direzione. Un grande problema rimaneva
comunque la differenza di retribuzione tra uomo e donna nonostante le varie
misure attuate per migliorare la situazione.
LA SECOLARIZZAZIONE
Il sacro è stato una dimensione
centrale dell'esistenza, con la quale egli si è misurato e rispetto alla quale
ha strutturato la propria vita. La religione ha cercato di dare risposte
all'essere umano ad esempio riguardo i fenomeni naturali, da qui sono nate le
idee di giustizia e di peccato. Il sacro per continuare a esistere nel tempo si
istituzionalizza. La fede è un'adesione affettiva e intellettuale invece la
dottrina è la declinazione più o meno sistematica della fede stessa i cui
prende forma la visione del mondo. Il rito è il complesso di norme che regolano
lo svolgimento dell'azione sacrale. Le organizzazioni sociali dedite alla
gestione della religione e del rito, che tutte insieme formano una Chiesa. Se
il sacro e la religione sono sempre stati un ingrediente essenziale delle
società umane, non lo sono stati nella stessa misura. Una caratteristica della
società moderna è che in essa la religione è meno capace di influire sulla vita
sociale. In altri termini, la società moderna vive un processo di
secolarizzazione, ovvero di graduale espulsione del sacro dalle altre sfere. La
secolarizzazione è un fenomeno che avviene a due livelli molto diversi tra
loro. La presenza o l'assenza di un orientamento religioso restano confinate
alla sfera ecclesiale presentare. tribunali appositamente istituiti, si
preoccupavano di far rispettare le leggi e o a quella privata. Lo Stato e le
altre istituzioni laiche, invece, si ispirano ai principi razionali che la
burocrazia incarna, e quindi al criterio dell'universalismo, che impone di non
privilegiare alcuna credenza né alcuna confessione rispetto alle altre: lo
Stato moderno è esplicitamente aconfessionale. Dal punto di vista personale la
secolarizzazione è invece intesa come diminuzione dell'incidenza della fede e
delle pratiche religiose nelle scelte e nelle azioni degli individui, cioè come
affievolimento della religiosità delle persone. Se una volta era normale
orientare le principali scelte di vita e le azioni quotidiane sull'asse della
propria fede e dei valori professati dalla propria Chiesa di appartenenza con
convinzioni proprie, in nome dell'autonomia morale dell'individuo. All'interno
di un ambiente secolarizzato c'è una pluralità di forme del sacro. Il processo
di secolarizzazione non è un processo di espulsione del sacro dalla società
moderna, ma una sua moltiplicazione e relativizzazione in tante forme parziali
e non esclusive di religiosità.
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