ANTROPOLOGIA: Significato e funzioni della magia e del mito

 LA MAGIA E IL SUO "FUNZIONAMENTO"

Le prime persone erano convinte che gli astri avessero un reale influsso sulla vita degli esseri umani, le seconde persone invece pensavano che certi materiali messi insieme potessero creare oggetti miracolosi.
Gli antenati dei medici attuali erano convinti che certi vegetali, se ingeriti, potessero alleviare le sofferenze in quanto la loro forma ricorda gli organi sofferenti.
Dal 800 in poi con il termine magia si è inteso indicare, un insieme di gesti e formule verbali mediante cui si ritiene di poter influire sul corso degli eventi e sulla natura delle cose.
La cosiddetta magia nera, consiste per esempio in una serie di operazioni materiali e verbali condotte su qualcosa che è appartenuto alle persone che si vuole colpire.
James Frazer è riuscito a cogliere due modalità del pensiero magico sulle quali è opportuno riflettere: imitazione e contagio.
L'imitazione è la credenza che vestendosi della pelle di un animale il cacciatore possa imitare i suoi movimenti.
Il contagio corrisponde invece all'idea che due cose, conservino anche una volta allontanate il potere di agire l'una sull'altra.
Malinowski, che aveva una concezione strumentale e operativa della cultura, riteneva che la magia fosse un mezzo usato degli esseri umani, e non solo di primitivi, per far fronte a situazioni generatrici di ansia.
La magia non è anteriore alla religione o alla scienza ma piuttosto un gesto primordiale che afferma il desiderio dell'essere umano di controllare dei fini desiderati.
La magia è una ricerca di rassicurazione di fronte all'incertezza e all'imprevedibilità degli eventi.
C'è una somiglianza tra pensiero religioso e pensiero magico.

IL MALOCCHIO

Le concezioni del malocchio in Europa e Medio Oriente sono diffuse ovunque nel mondo, ma in certe aree è stretta della magia, è la credenza nel malocchio, l'idea che uno sguardo insistente o certe parole posano influire negativamente su cose o persone. Quello che in Europe è “malocchio” in molte aree è semplicemente “l'occhio”. In certe culture, come quelle dell'Europa rurale, era fino a non molti anni fa sbagliato fare troppi complimenti per qualche bell'animale posseduto dal contadino. Il malocchio non è considerato qualcosa che si possa trasmettere consapevolmente o in maniera volontaria.  Esso è piuttosto qualcosa che care spontaneamente dall'atteggiamento di ammirazione di qualcuno per qualcosa.  Non bisogna però dimenticare che in molti casi il malocchio rientra in un sistema di comportamento sociale o, come si direbbe, di "etichetta", il quale non ammette che una persona guardi troppo fissamente qualcuno che non conosce o che si sia troppo intrusivi con complimenti o apprezza relativi a cose o persone.  Ciò non toglie tuttavia che anche in questo caso l'etichetta sia basata su idee che non hanno nulla a che vedere con il potere reale dello o delle parole di influenza su cose o persone.
Gli atti «porta sfortuna»: Parente stretta del malocchio è la credenza che certi atti, soprattutto involontari, portino sfortuna, che può essere cioè all'origine di una serie di eventi negativi per proteggersi dai quali bisogna ricorrere a gesti e formule precise. In tutta I’Italia, e non solo, è diffuso per esempio, versare il sale o l'olio inavvertitamente porti sfortuna, oppure che rompere uno specchio procuri guai per un certo numero di anni. Chiedersi se le contromisure 'funziona' è sbagliato quanto chiedersi se è vero che versare il sale porti sfortuna o che complimentarsi per qualcosa procuri davvero un danno alla cosa o al possessore della cosa stessa.  Le formule e i gesti a cui si ricorre per parare l'eventuale danno procurato da questi atti si affiancano alle formule pronunciate e ai gesti compiuti per prevenire la sfortuna. Il tutto forma un complesso di credenze che, da una parte, tende a sottolineare la precarietà dell'equilibrio su cui si regge la nostra vita, e che prende spunto da eventi scelti in maniera arbitraria, mentre, l'altro, tende a far fronte a questa precarietà con risposte rassicuranti che tenero a ristabilire, nella mente di colui che ci crede, l'equilibrio compromesso.

IL MITO

L'antropologo Marcel Griaule, in molti anni di ricerca e di studio, quella che egli chiamò la cosmologia Dogon: una complessa e affascinante visione dell'ordine del mondo dalla sua origine.
La cosmologia riposava su storie che raccontavano come si era formata la Terra, come erano nati i fiumi, gli animali, le piante e gli esseri umani.
Il tema del mito, come quelli della magia, del rito e della religione, ha affascinato un lungo tanto gli studiosi di storia delle religioni quanto gli antropologi. Per molti anni coerenza e, soprattutto, la loro connessione con la religione, di definire le caratteristiche del pensiero mitico. 
Può trattarsi di cosmologie, ossia di teorie sull'origine dell’universo teogonie, come per esempio le lotte tra divinità o spiriti, dal cui es gli uomini e gli animali, tra gli stessi esseri umani o tra le donne e gli uomini sono dipese le sorti del mondo e dell'umanità, oppure vicende accadute in un passato senza tempo e che giustificherebbero lo stato delle relazioni. Alcuni studiosi ritenevano, in passato, che i miti fossero un modo "inesatto cioè single", "primitivo", di ritenevano di giustificare eventi realmente accaduti. Alessandro Magno, di Riccardo Cuor di Leone o del Saladino. Il mito presenta alcune caratteristiche peculiari Innanzitutto ignora, o quasi, lo spazio e il tempo. Le azioni dei protagonisti del mito sembrano non tener conto dell'anteriorità e della successione temporale. Fenomeni che nella realtà richiedono giorni, mesi o addirittura anni per compiersi, nel mito impiegano un semplice attimo personaggi del mito agiscono o abitano in luoghi impossibili da frequentare per la maggior parte o per la totalità degli esseri viventi: il cielo, le nuvole, le stelle, la luna, i fiumi...
Nel mito gli uomini parlano ai pesci, questi agli alberi e questi ultimi agli astri, alle rocce, agli spiriti, agli dèi.  Gli animali parlano agli uomini, annullando le differenze tra regni, generi e specie, tra mondo sensibile e mondo invisibile.
Il mito tende a produrre una antropomorfizzazione della natura. Nei miti la formazione o la creazione del mondo viene quasi sempre rappresentata come il risultato di un processo di separazione e allontanamenti progressivi tra gli elementi costitutivi dell'unità originaria.
Il mito ha tante funzioni, è al tempo stesso, un atto speculativo, un racconto pedagogico, una teoria sociologica, un sistema di classificazione, per cui gli antropologi hanno cercato di studiare di volta in volta queste caratteristiche.
Il mito o almeno certi miti possono fungere da modelli per legittimare lo stato delle cose presenti.

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