PEDAGOGIA: Leggere la pedagogia

 L'EDUCAZIONE DEI SORDIMUTI
di Roberto Sani

Le origini di un modello istituzionale ed operativo

La fase delle origini e dei primi sviluppi dell’educazione dei sordomuti in Italia, ossia quella dell’ottocento preunitario, si rivela di fondamentale importanza ai fini della comprensione delle vicende successive. In questo periodo, infatti, che si determina, nelle sue linee essenziali, il modello istituzionale e operativo che caratterizzerà le iniziative per l’istruzione e l’educazione dei sordomuti nel nostro paese per oltre un secolo e nei condizionerà profondamente, come vedremo, la fisionomia mia gli stessi diritti culturali e metodologico-didattici.


La scuola francese e la scuola tedesca

Per comprendere appieno le caratteristiche e le ragioni del successo di questo modello, occorre innanzitutto ricordare che, nell’Europa a cavallo tra sette e ottocento, erano due i popoli più progrediti nel campo dell’educazione dei sordomuti, e che tali popoli costituivano un punto di riferimento imprescindibile Per gli educatori delle varie nazioni. Si trattava di vere e proprie “scuole” con metodi, indirizzi e ordinamenti profondamente diversi: la scuola francese, che faceva capo dell’abate Charles-Michel de l’Épée E all’Istituto per i sordomuti di Parigi, da lui fondato nel 1771 ed eretto poi, per volontà sovrana, a istituzione pubblica nel 1778 e la scuola tedesca, chi aveva il suo promotore e principale animatore nell’insegnante Laico Samuel Heinicke e il suo centro a Lipsia, dove l’Heinicke aveva dato vita, con la protezione e il sostegno finanziario del re di Sassonia, a una scuola pubblica gratuita per i sordomuti, solo più tardi trasformata in convitto.


Due metodi diversi

L’elemento principale - sebbene non unico - di differenziazione tra le due esperienze risiedeva nel metodo d'insegnamento adottato con i sordomuti. Nell’istituto dell’abate de l’Épée L’istruzione era impartita prevalentemente attraverso il metodo mimico o gestuale, che l’istitutore francese aveva modificato, trasformando i gesti naturali in un vero e proprio sistema regolato di comunicazione (gesti convenzionali o metodici). Integravano la mimica altri due metodi: la dattilologia, ossia l’alfabeto manuale, e la scrittura, che rendeva possibile al sordomuto la comunicazione con quanti ignoravano la mimica e la dattilologia. Nella scuola dell’Heinicke, Al contrario, era bandita la mimica e l’istruzione dei sordomuti si fondava esclusivamente sul linguaggio orale, ossia sul metodo che prevedeva l’insegnamento “della parola con la parola”. 

Occorre precisare, comunque, che, tutt’altro che ignoto all’abate de l’Épée, il metodo orale praticato a Lipsia era anche da questi utilizzato, sia pure in rari casi: in particolare con gli allievi migliori e già istruiti per mezzo della mimica. Ciò in quanto l’ecclesiastico francese lo riteneva poco adatto, per l’elevato grado di difficoltà che presentava, ai sordomuti di mediocre intelligenza; e, soprattutto, scarsamente funzionale, per le cure assidue e i tempi lunghi che richiedeva, a un’istruzione di massa. A quest’uso limitato e aggiuntivo del metodo orale si atterrano anche i discepoli e i numerosi seguaci italiani dell’abate de l’Épée. Le istituzioni per i sordomuti sorte in Italia nel primo cinquantennio del secolo XIX si ispirarono essenzialmente al sistema francese e, tranne rari e isolati casi, adottarono il metodo mimico integrato dalla dattilologia e dalla scrittura.


(R. Sani, L'educazione dei sordomuti nell'Italia dell'800,

Torino, SEI, 2008, pp. 3-5)


IL BRANO

Verso la fine del XVIII secolo vennero perfezionati, specialmente in Francia e in Germania, alcuni innovativi metodi per l’educazione dei sordomuti, che ben presto si diffusero in tutta l’Europa, compresa l’Italia. Furono questi i primi segnali della maturazione di una sensibilità attenta all’handicap che potremmo definire già “moderna”, cioè orientata verso la prospettiva della possibilità di educare il soggetto disabile.


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