GLI ESITI DELL'AFFERMARSI DELLA CULTURA POSITIVISTA
In Italia, la cultura positivista giunse con un certo
ritardo; a rallentare questo fenomeno contribuirono la mancanza dello sviluppo
industriale e la diffusione dogmatica dell'ideologia, con la riduzione
dell'uomo ad un puro e semplice fenomeno della natura. Infatti, il positivismo
conseguì meriti in seguito alla modernizzazione dello Stato unitario, il quale
portò ad un aggiornamento della cultura e all'ampiamente dei campi del sapere.
Nell'ultima parte del XIX secolo si verificò un notevole sviluppo delle scienze
scoiali e degli studi politici come l'economia. Le teorie dell'evoluzionismo
diedero nuovo impulso a discipline come antropologia e criminologia, in
particolare grazie a Cesare Lombroso. I risultati degli studi scientifici
vennero utilizzati per combattere i pregiudizi ed ignoranza, e per migliorare
le condizioni vita: l'obbiettivo era quello di creare una felicità generale,
come aveva teorizzato John Stuart Mill e la scuola utilitaristica.
Grande attenzione fu riservata all'educazione, alla quale
venne affidata la costruzione di quella società moderna che avrebbe dovuto
essere basata su principi diversi dalle prevalenti tendenze spiritualistiche.
Con Carlo Cattaneo erano emerse alcune rivalorizzazioni dell'illuminismo. Ma furono
i positivisti a gettare le basi della svolta sperimentale della pedagogia. In particolare il positivismo italiano contributi ad
evidenziare fattori molto rilevanti per la pedagogia globale. Uno di questi è
il grande senso critico delle analisi; l'altra è la diffusione di una mentalità
self helpista, quindi intraprendente, attiva e disposta a confrontarsi con le
novità. In questo senso, la scienza viene assunta come metodo conoscitivo
basato sull'osservazione critica e sul controllo delle procedure. Pertanto, la
sua maggiore caratteristica è l'antidogmatismo. Come suggerì Aristide Gabelli,
il ruolo della scuola era proprio produrre individui slegati da dottrine
superate e pronti a potenziare le loro capacità individuali.
Pasquale Villari, lo scopo della scuola era quello di
abituare gli individui a pensare autonomamente, a fondare le loro credenze non
su esperienze di altri ma sulle proprie, formare persone pronte al cambiamento,
attraverso il metodo scientifico. Così facendo, egli auspicava, si sarebbero
potuti risolvere i problemi legati alla povertà; se questo venisse fatto allora
il risorgimento italiano si sarebbe potuto compiere pienamente. Nonostante questa spinta alla scienza non vennero screditati
i licei classici, visti come eccellente base per una formazione tecnica futura,
poiché dediti all'insegnamento del lavoro ben fatto.
Nel 1865 comparve Italia il libro del giornalista e
scrittore scozzese Samuel Smiles, il quale affermava che il raggiungimento di
uno status sociale elevato doveva passare necessariamente per un cambiamento di
mentalità in positivo. Per raggiungere questo obbiettivo è necessario il
self-helpismo, poiché in grado affermare le qualità di ognuno e di vincere gli
ostacoli; o meglio, di volgere gli ostali a proprio vantaggio. A proposito di
questo argomento, Michele Lessona pubblicò un libro contenente le biografie di
persone, che sono state capaci di fare questo, in modo da ispira altre persone
ad emularle. Altri autori pubblicarono opere simili, concentrandosi
particolarmente sulla questione dei ceti più poveri, affermando che il riscatto
sociale è possibile.
Frutto della nuova cultura positivista, fu il movimento del
self-helpismo che si diffuse in Italia grazie al libro di Samuel Smiles,
orientato a mettere in evidenza come il cambiamento in positivo delle
condizioni di vita era nelle mani delle persone positive, volenterose e capaci
di sfruttare le situazioni che si presentavano loro. Nel 1869 Michele Lessona, seguendo l'esempio
di Smiles, raccolse varie biografie di persone, caratteristica peculiare del
self-helpismo, che si basa infatti sul presupposto che per aiutare se stessi è
utile conoscere l'esperienza di altri. Questi libri presentavano personalità
esemplari e storie reali che dimostravano che anche i poveri potevano
raggiungere la fortuna tramite la tenacia e il lavoro. Si trattava quindi di
una pedagogia popolare.
L'EDUCAZIONE DI "FANCIULLE" E "SIGNORINE"
Durante l'Ottocento, la concezione dell'infanzia non era
affatto omogenea: vi era infatti, un'infanzia borghese, ed un'infanzia
contadina; soprattutto questo punto risultò essere critico, perché spesso i
bambini non andavano a scuola, ma a lavorare: Erano molto soggetti a malattie
come il vaiolo, inoltre. I movimenti che denunciarono questa situazione furono
quelli della poetessa inglese Elizabeth Barret Browning, e degli scrittoti come
Victor Hugo e Charles Dickens, ma particolarmente i feuilleton, ovvero un
giornale; inoltre ricordiamo le opere di Tolstoj, tradotte in esperimenti
educativi dei ragazzi nelle campagne, e quelle di Itard e Seguin per i ragazzi
con disabilità.
Questi sono gli antefatti di una pedagogia puerocentrica.
Anche in Italia, questa nuova sensibilità emerse dalle opere letterarie: grazie
all'uscita, a puntate, sul "giornale per bambini" di Pinocchio, da
parte di Carlo Collodi. In quest'opera viene per la prima volta espresso, il
diritto di essere bambino. Parallelamente, nel 1897, Giovanni Pascoli, pubblica
diversi saggi nei quali concepisce la teoria del fanciullino, che vede
l'infanzia come unico momento in cui l'individuo può essere considerato puro.
Verso la fine del secolo, il positivismo iniziò a vacillare,
in quanto considerato inadatto a spiegare il senso della vita. In pedagogia,
venne abbandonata la filosofia di Spencer, per favorire quella di Kant e
Herbert; pertanto si favorì una concezione del metodo scientifico come mezzo
per completare l'educazione, non per determinarla, e in ambito metodologico
vennero applicate le tecniche degli Herbartiani tedeschi. Il principale
esponente di questo movimento fu Luigi Credaro, il quale si dedicò alla
diffusione dell'educazione popolare e al rafforzamento dell'educazione
scientifica. Altri, come la Montessori, agirono in ambito più prettamente
pedagogico.
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